giovedì 9 febbraio 2012

Vecchia strada

Il portone si richiude pesantemente alle nostre spalle, con rumore eccessivo, un grande schiocco. Ora gli anni sono trascorsi di nuovo, siamo all'aperto, e mi ritrovo a fissare il balcone di ferro arrugginito: da lassù spesso scrutavo scorci della città che la sporgenza dell'alto caseggiato antistante, alto per la vicinanza, e la stipatezza delle costruzioni e degli anfratti scalcinati delimitavano e incorniciavano: una vecchia strada a senso unico, sulla sinistra, molto stretta, pavimentata di fitti sassi arrotondati dal passaggio del tempo e degli eventi, orlata da strisce infossate di pietra, a prospettiva accentuata, conclusa da una curva sfumante in lontananza a romperne la continuità, assottigliandosi e troncandosi all'improvviso; un portone, una sua minima parte, e finestre, camini, grate, la vetrina opalescente di un negozio di frutta e verdura, tetti affastellati, abbaini, e lampadine sospese, ondeggianti a qualsiasi movimento dell'aria, alle zampe dei colombi, ai loro voli quasi.
Vecchia strada. Di singolare bellezza, nel sole: miriadi di ombre piccole e grandi, scrostature, disegni stilizzati, crepe, angoli scuri, accecanti, colori mescolati nella luce compatta. D'inverno quieta, simile all'intorno, tappeto, passatoia candida e sinuosa in gola grigiastra dai bordi bianchi fumanti per lunghi camini.Grigio uniforme e opprimente ruscello luccicante nelle piogge, grigie anch'esse, come grigio il cielo e le persone affannate sotto il portone livido e misterioso.Terribile nella nebbia, vaporosa, quasi sospesa tra nuvole di segreti e di paure; da percorrere, comunque, con circospezione.