giovedì 23 settembre 2010

Università, sogni e studio

Luce giallastra di lampada da tavolo sfiora pagine sottolineate di libri di Istologia, portaceneri ingombri di pezzi di carta e trucioli di lapis. James Watson e Francis Crick. Volto contrastato e morto di Jimmy Hendrix, morbide sfumature di naso, bocca e occhi di Julie Christie. Piccoli e grandi ritagli di Julie. Dei suoi capelli, dei suoi occhi. Abiti colorati; mani. Bianchi paesaggi russi. Il ritratto a matita. Aria fredda, profumata d'acqua caduta [quanti anni fa? mille? avrà trovato Julie, l'amico infatuato?].

lunedì 20 settembre 2010

Quasi

Quanta gente, che confusione, che vento! Vien voglia di attraversare strade e vicoli senza guardare. Non si fa così. Davanti a Notre-Dame mi placo; è quasi buio. Mi siedo di fronte alla facciata oscura della cattedrale, ascoltando accordi di chitarra e il rumore di un battello che si allontana.
La mente si libera, viene catturata da quello spazio, dai suoni, e portata lontano, a ritroso nel tempo, mentre lo sguardo si appiglia ai rosoni, agli intarsi, alle nervature, al portale, alle vetrate, nel tentativo inconsapevole di dissipare il mistero di quell'architettura contro la quale sembrano proiettarsi baluginanti immagini mobili e tenui ricordi inconsapevoli degli amici di un tempo: uno legge le bizzarre poesie di Ezra Pound, una sfoglia vecchie riviste illustrate, non sue; uno, disteso sul proprio letto addossato al muro con i manifesti bianco e nero, suona la chitarra come fosse una campana, a corde libere, con il braccio sporto in fuori, stancamente. Eseguo un arpeggio semplice e lento, nell'aria, un po' disarmonico, ripetitivo, che si mescola alle note anonime della piazza nel cuore di Parigi, venticinque anni e novecento chilometri da quei ricordi. Quasi contento.

sabato 11 settembre 2010

Carte 11/9

L'ultima partita ha avuto inizio nove anni fa, oggi. A NY. Dopo di allora sono state necessarie carte nuove di zecca; un mazzo in trasparente involucro sterile, incontaminato, senza impronte. Lancette (nove anni fa, oggi) con ore diverse, sfasate. Congegni del mondo con rumori secchi, addosso, vicinissimi, sopra, oppure lontani, risuonanti, sovrapposti, concatenati, rinforzati, modificati. Milioni di dolori, delusioni, passioni, tormenti, gioie, spasimi, mischiati alle carte, alle loro infinite combinazioni, tra orrori, profumi, crolli, brezze, intorpidimenti e poco azzurro.

martedì 7 settembre 2010

Portobello Road, London

Un liberatorio saccheggio a Portobello Road, lo sguardo svincolato dalle basse costruzioni e dalla conseguente ampiezza dell'angolo visuale, in una gimcana disordinata per negozi e bancarelle, mettendo a soqquadro oggetti e presagi, rappresentazioni e ingranaggi, meccanismi e colori, tra strumenti musicali, medaglie, trottole, salvagenti spagnoli, coccarde, decorazioni, specchi, souvenir italiani, stampe, giocattoli di latta, carillon, vasi, pipe, libri, bandiere, orologi, ninnoli, cianfrusaglie, fondi di soffitta, stramberie nobilitate dalla patina del tempo, bronzetti, croste, dischi, megafoni, soprammobili, menù, bracciali e tutto quanto lo scandire lento e continuo dei secondi permette di inquadrare e soppesare, fino a che le esistenze mie e dei miei amici si intricano, sotto il fardello di zaini stipati, nella fatica, nelle membra intorpidite, protette dal severo abitacolo di un taxi (forzato a ripetere il percorso, a rimandare l'arrivo, ad allungare a dismisura la prestazione, come estremo e inconscio antidoto alla temuta possibile rottura di un incanto, di un conforto totale), mentre il cielo oscura e incupisce il rientro in albergo.