mercoledì 2 gennaio 2013

Fuochi d'artificio in Riviera

L'improvviso fragore del primo fuoco d'artificio mi percuote a tradimento: subito il cielo avvampa di lampi rosso intenso, rivelando minacciosi contorni giallo violacei di smisurate nubi animate.
Mi preparo, sono pronto a tutto, mescolato alle sagome umane sul granito luccicante: botti incredibili, amplificati da molteplici echi e da sovrapposizioni sonore, scrosci, sfrigolii, miriadi di fiammeggianti meteore azzurre, gialle, blu intenso, arancio, nitide, a ondate progressive, in espansione, avvolgenti, in sospensione, a capofitto, poi mescolate, a cascata, a zampillo, in eruzione, con lapilli rimbalzanti su navi, barche, tetti, acqua, luci, in crescendo, fino alla orgiastica scarica finale di rimbombi, percussioni, stimoli timpanici, visivi ed epidermici, echi, grida liberatorie, corse forsennate, urla di paura e di felicità, abbracci, saette, raffiche di pioggia, vento prorompente, tuoni, rintocchi frenetici di campane e sirene.
Al mio intontimento soddisfatto segue una breve pausa in cui cerco di raccapezzarmi. Di nuovo mi investe una salva di cannone, enorme e vicina. E un'altra. Un'altra. Un'altra ancora. 
Lo sbalordimento è accompagnato dai rintocchi ritmici e lenti di un'ultima campana, curiosamente ossessivi, apparentemente infiniti. Le sagome in cui sono amalgamato si allontanano: ne deduco che ogni cosa è terminata, che è già successa, che accadrà di nuovo alla prossima festa.
Non essendo abituato a fuochi d'artificio di tal fatta, non mi resta che fuggire da quell'odore pungente di polvere da sparo, di pioggia, di scarica elettrica, cercando di raggiungere il mio letto, incurante degli indumenti inzuppati, del freddo improvviso e della irreale oscurità.