mercoledì 16 giugno 2010

Pioggia che mi aspetta

Le scarpe di Alberto sono note in tutto il mondo: le ho osservate nelle vetrine di New York, Parigi, Roma, Madrid, Londra, Milano, insomma, ovunque esistano buoni negozi. È un grande amico, ricordo a me stesso con soddisfazione. Belle scarpe, un po’ costose, negli ultimi anni anche tecnologiche, con materiali innovativi, per soddisfare il mercato degli orientali e degli americani. Non ho mai creduto che si potesse essere felici e motivati costruendo e progettando scarpe. Alberto è sempre stato motivato. Concentrato, nonostante mille impegni. Inarrestabile. Forse felice.
Un paio di scarpe di nuova concezione, in regalo (così fanno gli amici) per la pioggia: assolutamente impermeabili, comode ma eleganti. Molto eleganti. Alberto è senz'altro uno dei miei migliori amici, ed è stato felice di usarmi come cavia. Lo considero un privilegio e ne sono orgoglioso. Ad ogni modo le avevo riposte in fondo all’armadietto, molto scettico; per mesi. Il momento è arrivato: diluvia, voglio attraversare la città scrutando negozi come fosse l’ultima volta, e allontanarmi successivamente il più possibile, camminando e camminando, senza meta. Non potrei uscire con scarpe da pioggia normali: si imbarcherebbero in poco tempo, in una tale quantità d’acqua; d’altra parte non posso certo passare per il centro con degli stivali da pesca. In fondo ho un’immagine da difendere. In fondo.
Tocca al prototipo. Insieme all’impermeabile, al bavero alzato e ben chiuso, al cappello spiovente.