lunedì 20 settembre 2010

Quasi

Quanta gente, che confusione, che vento! Vien voglia di attraversare strade e vicoli senza guardare. Non si fa così. Davanti a Notre-Dame mi placo; è quasi buio. Mi siedo di fronte alla facciata oscura della cattedrale, ascoltando accordi di chitarra e il rumore di un battello che si allontana.
La mente si libera, viene catturata da quello spazio, dai suoni, e portata lontano, a ritroso nel tempo, mentre lo sguardo si appiglia ai rosoni, agli intarsi, alle nervature, al portale, alle vetrate, nel tentativo inconsapevole di dissipare il mistero di quell'architettura contro la quale sembrano proiettarsi baluginanti immagini mobili e tenui ricordi inconsapevoli degli amici di un tempo: uno legge le bizzarre poesie di Ezra Pound, una sfoglia vecchie riviste illustrate, non sue; uno, disteso sul proprio letto addossato al muro con i manifesti bianco e nero, suona la chitarra come fosse una campana, a corde libere, con il braccio sporto in fuori, stancamente. Eseguo un arpeggio semplice e lento, nell'aria, un po' disarmonico, ripetitivo, che si mescola alle note anonime della piazza nel cuore di Parigi, venticinque anni e novecento chilometri da quei ricordi. Quasi contento.