martedì 7 settembre 2010

Portobello Road, London

Un liberatorio saccheggio a Portobello Road, lo sguardo svincolato dalle basse costruzioni e dalla conseguente ampiezza dell'angolo visuale, in una gimcana disordinata per negozi e bancarelle, mettendo a soqquadro oggetti e presagi, rappresentazioni e ingranaggi, meccanismi e colori, tra strumenti musicali, medaglie, trottole, salvagenti spagnoli, coccarde, decorazioni, specchi, souvenir italiani, stampe, giocattoli di latta, carillon, vasi, pipe, libri, bandiere, orologi, ninnoli, cianfrusaglie, fondi di soffitta, stramberie nobilitate dalla patina del tempo, bronzetti, croste, dischi, megafoni, soprammobili, menù, bracciali e tutto quanto lo scandire lento e continuo dei secondi permette di inquadrare e soppesare, fino a che le esistenze mie e dei miei amici si intricano, sotto il fardello di zaini stipati, nella fatica, nelle membra intorpidite, protette dal severo abitacolo di un taxi (forzato a ripetere il percorso, a rimandare l'arrivo, ad allungare a dismisura la prestazione, come estremo e inconscio antidoto alla temuta possibile rottura di un incanto, di un conforto totale), mentre il cielo oscura e incupisce il rientro in albergo.